di MAURIZIO ROVERI
Una zattera di tre metri. La voglia di scappare. Lo sguardo perso nel vuoto nel buio della notte. Scivolando sulle onde del grande Oceano, pronto ad inghiottirti con la sua solitudine. Quel mare rappresentava la speranza di un domani migliore, e ti regalava un sorriso. Quel mare, però, metteva anche paura: poteva trasformare in inferno il viaggio della speranza di Orlando e altri sette “disperati” che quella notte del 26 dicembre 1997 decisero di fuggire da Cuba. A rischio della vita.
Orlando Hernandez era un idolo nell’isola di Castro. Il lanciatore più famoso. Il numero uno. Aveva giocato con gli Industriales dell’Avana, permettendo al team di vincere il titolo della Cuban National Series nel 1992 e nel 1996. In dieci anni di carriera aveva vinto, sul monte di lancio, 129 partite. Contro appena 47 sconfitte. Con un eccellente 3.05 di ERA (punti guadagnati sul lanciatore). “Numeri” straordinari. La miglior percentuale di vittorie nella storia del baseball di Cuba. Punto di forza della “Seleccion”, s’era coperto di gloria vincendo titoli mondiali e soprattutto facendo parte della Nazionale cubana in trionfo ai Giochi Olimpici di Barcellona nel 1992.